as
2010-05-09 22:04:50 UTC
Uno finisce sul sito dell'expo della Valtellina e legge:
http://www.expovaltellina.it/bresaola/
"La bresaola della Valtellina è un prodotto ottenuto da carne di
manzo, salata e stagionata, che viene consumato crudo. Documenti
storici provano l’uso della salagione delle cosce di manzo in
Valtellina a partire dal 1400. Nella tradizione chiavennasca esiste la
figura di un certo signor Giovanni, vivente nel 1456, cui era stato
dato il soprannome di “carnesalata”, cui si farebbe risalire la
nascita della Bresaola. C’è chi fa derivare Bresaola dal termine
“brasa”, brace, cioè i braceri usati per l’asciugatura: di qui “brasa-
saola” e la contrazione in bresaola. La tecnica di produzione,
originariamente finalizzata alla mera conservazione della carne per
lunghi periodi, si è nei secoli perfezionata ed arricchita ed ha
consentito l’affinamento della qualità del prodotto, oggi più dolce,
morbido e gradevole al palato rispetto al passato. Non è molto che la
bresaola è conosciuta in Lombardia e solo ora sta cominciando ad
imporsi in tutt'Italia e in alcune nazioni estere."
E mi dico: bene un altro prodotto tutti italiano da far girare nel
mondo.
Poi uno approfondisce, leggo da un altro sito:
http://www.enotime.it/zoom/default_body.aspx?ID=177
"Dal 1998 la Bresaola della Valtellina ha ottenuto dalla Comunità
Europea la I.G.P., l'Indicazione Geografica Protetta.
Il consumatore deve sapere che l'IGP è situata a un gradino inferiore
rispetto alla D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta). Vediamo le
differenze: la DOP è attribuita ad un prodotto la cui produzione,
trasformazione ed elaborazione hanno luogo in un'area geografica ben
delimitata, in base ad un'esperienza riconosciuta e secondo un
determinato processo produttivo che viene descritto nel disciplinare
di produzione. La prima denominazione invece viene riconosciuta a quei
prodotti il cui legame con una specifica area geografica è
rappresentato da almeno una delle fasi della sua preparazione. E
sottolineamo "almeno una". Ovvero basta che un prodotto venga da
materie prime di una specifica area, oppure che la trasformazione
avvenga in una certa zona.
L'IGP della Bresaola della Valtellina di fatto prescrive che la
produzione avvenga in tutto il territorio della provincia di Sondrio a
partire da una materia prima selezionata in base a precisi criteri,
lavorata con una certa metodologia e con un periodo minimo di
stagionatura di quattro settimane. Il disciplinare non specifica nulla
riguardo all'origine della materia prima, se non che la carne usata
debba essere di bovino, e sottolineamo il bovino senza altra aggiunta,
dell'età compresa tra i due e i quattro anni.
Nell'anno 2000 in tutta la Valtellina sono state prodotte circa 9.000
tonnellate di Bresaola IGP e "normale".
E' chiaro che per fare fronte ad una produzione così grande gli
industriali valtellinesi non possono approvigionarsi di carne solo
nella loro provincia. Un piccolo imprenditore della zona di Sondrio
conferma che tutte le mucche allevate nel comprensorio non
basterebbero nemmeno per la produzione di un paio di giorni. E così il
grosso della carne necessaria per la Bresaola della Valtellina viene
importato dall'estero: dal Sudamerica, dall'Argentina, dal Paraguay e
soprattutto dal Brasile. Ed essendo trasportata via nave deve essere
necessariamente congelata.
Perchè non è scritto in etichetta? Perchè con il recepimento delle
norme dalla Comunità Europea non esiste più l'obbligo di indicare che
la carne è congelata, infatti per la CE la carne fresca è quella che
mantiene inalterate le sue caratteristiche chimico fisiche e
organolettiche attraverso la catena del freddo.
Ma non finisce qui. Il disciplinare recita che si possono usare "carni
bovine", senza ulteriore altra specifica. Perciò dal Sudamerica si
importano carni di mucca vera e propria, cioè di animali appartenenti
alla sottofamiglia "bos bovis", mentre dal Brasile arrivano anche
grandi quantità di un altro bovino: lo zebù. Lo zebù, "bos inducus" è
originario dell'India, si è spostato in Africa e successivamente si è
diffuso in Brasile; si riconosce dalle grosse corna e da una massa
adiposa posta sopra il collo. Non vogliamo assolutamente discutere
sulla qualità della carne di questo bovino e ci fidiamo delle
affermazioni di alcuni operatori che la ritengono di qualità superiore
rispetto alla cara vecchia mucca anche per la produzione della
bresaola.
Il problema è soprattutto merceologico e di chiarezza: lo zebù non è
la stessa cosa di una vacca, e non ci sembra che sia l'animale
utilizzato in passato per produrre la bresaola tradizionale. Così non
ci sembra corretto, nei confronti del consumatore, che si possa
utilizzare questa carne, per di più congelata, per fare un prodotto
IGP.
Abbiamo chiesto spiegazioni ad alcuni industriali valtellinesi e
abbiamo constatato con sgomento come alcuni di essi non siano a
conoscenza della questione (o fingano di non esserlo), mentre altri
candidamente considerino lo zebù come una razza di mucca, al pari
della frisona, della bruno alpina o della chianina. Altri ancora
sostengono che lo zebù sia un bovino come un altro e che quindi nulla
cambi nella sostanza.
Se fosse realmentecosì nulla vieterebbe un futuro fatto di bresaola a
base di carni di bovini come il bisonte, l'anoa, lo yak, il bufalo e
il bocerco.........
Alla faccia dei consumatori, che evidentemente per gli industriali
valtellinesi altro non sono se non una razza del popolo
bue...................
Francesco Arrigoni
Interessante questo articolo (vecchiotto) su repubblica:
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/bresaola-brasile/bresaola-brasile/bresaola-brasile.html
"ROMA - Tutta colpa, anzi merito, del bos taurus indicus, comunemente
detto zebù. Incrociando la vacca comune con questo bovino dotato di
gobba e grande giogaia, gli allevatori brasiliani ottennero un animale
con la carne dura come la suola delle scarpe. "Ma è carne magra e va
benissimo per le nostre bresaole", dice Emilio Rigamonti, presidente
del consorzio che tutela appunto la bresaola della Valtellina.
Qualche consumatore sarà sorpreso. Forse pensava, magari guardando la
pubblicità in tv, che la carne da stagionare fosse gentilmente offerta
dalle vacche e dai manzi delle montagne bergamasche. "Sono ormai
decenni - dice l'uomo del consorzio - che acquistiamo carne brasiliana
e il motivo è semplice: solo quella va bene per il nostro prodotto.
Quella italiana ed europea sono troppo grasse. E poi bisogna ricordare
che lo zebù è un bovino come gli altri. Ha solo quel nome strano, che
richiama Belzebù... ".
Sembra però che le vacche della bresaola, da oggi in poi, potranno
vivere più a lungo. L'Unione europea ha infatti imposto al Brasile
numerose norme che in pratica bloccano buona parte dell'importazione
di quella carne: certificato di filiera, garanzie sanitarie... Senza
certificati, da oggi 31 gennaio, dalle terre brasiliane non arriverà
neppure un quarto di bovino.
Ma la polemica non varca l'oceano: le liti sulla carne da bresaola,
ancora una volta, sono tutte italiane. Ha iniziato l'Uniceb, l'unione
degli importatori di carne, con una lettera a ministro Paolo De
Castro. "Ho spiegato al ministro - dice il presidente Renzo Fossato -
che senza la carne brasiliana noi non produrremo più la bresaola. Gli
allevatori brasiliani che esportano sono quindicimila e solo 300 hanno
presentato i certificati di rintracciabilità. Già il mercato è in
subbuglio. Una tonnellata di carne oggi costa 13.000 dollari -
comprese tasse e dogane - invece dei 9.500 di un mese fa. Ho chiesto
al ministro: dobbiamo dire addio alla bresaola?".
Il ministro ha risposto subito, preoccupato. "La bresaola è uno dei
gioielli del nostro agroalimentare di qualità. Voglio esprimere ai
responsabili di Bruxelles tutta la mia apprensione per il comparto.
Bisogna trovare strategie che, senza alterare l'impianto complessivo
della politica commerciale della Ue nel settore carni, permettano di
tutelare la specificità della produzione di bresaola e i lavoratori
dell'indotto".
Apriti cielo. La Coldiretti spara a zero e dice che "è particolarmente
grave che un ministro, anziché valorizzare la produzione Made in Italy
di carne bovina, intervenga a favore dell'importazione di carne dal
Brasile". L'Europa - dice la Coldiretti - ha fatto bene a bloccare
quella carne "per evitare che nei piatti dei cittadini europei
finiscano carni provenienti da zone a rischio di malattie come l'afta
epizootica".
L'Uniceb si schiera a favore di bresaola e ministro e contro "gli
amici della Coldiretti". "Non c'è nessun elevato rischio sanitario. Le
carni importate sono vincolate al disossamento e ad una maturazione
che annulla qualsiasi rischio di trasmissione dell'afta epizootica.
Noi vorremmo produrre la bresaola con carni bovine italiane, ma il
prodotto disponibile sul mercato interno non è assolutamente adatto
all'industria nazionale".
Polemiche Made in Italy, mentre il settore va in crisi. "Se le cose
non cambiano - dice Emilio Rigamonti del consorzio - la produzione di
bresaola si potrà bloccare presto. Per ora lavoriamo con le scorte ma
appena finiranno ci sarà la cassa integrazione. I produttori irlandesi
già esultano perché con il blocco del Brasile possono già alzare i
prezzi. In generale, per la carne, prevedo un aumento al consumo dei
10-15%". Anche una sottile fetta di bresaola, insomma, può appesantire
il bilancio di una famiglia italiana. "
Mardot, ma sto inscatolamento di capperi IGP savonesi, lo tiriamo su o
no?
ale
http://www.expovaltellina.it/bresaola/
"La bresaola della Valtellina è un prodotto ottenuto da carne di
manzo, salata e stagionata, che viene consumato crudo. Documenti
storici provano l’uso della salagione delle cosce di manzo in
Valtellina a partire dal 1400. Nella tradizione chiavennasca esiste la
figura di un certo signor Giovanni, vivente nel 1456, cui era stato
dato il soprannome di “carnesalata”, cui si farebbe risalire la
nascita della Bresaola. C’è chi fa derivare Bresaola dal termine
“brasa”, brace, cioè i braceri usati per l’asciugatura: di qui “brasa-
saola” e la contrazione in bresaola. La tecnica di produzione,
originariamente finalizzata alla mera conservazione della carne per
lunghi periodi, si è nei secoli perfezionata ed arricchita ed ha
consentito l’affinamento della qualità del prodotto, oggi più dolce,
morbido e gradevole al palato rispetto al passato. Non è molto che la
bresaola è conosciuta in Lombardia e solo ora sta cominciando ad
imporsi in tutt'Italia e in alcune nazioni estere."
E mi dico: bene un altro prodotto tutti italiano da far girare nel
mondo.
Poi uno approfondisce, leggo da un altro sito:
http://www.enotime.it/zoom/default_body.aspx?ID=177
"Dal 1998 la Bresaola della Valtellina ha ottenuto dalla Comunità
Europea la I.G.P., l'Indicazione Geografica Protetta.
Il consumatore deve sapere che l'IGP è situata a un gradino inferiore
rispetto alla D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta). Vediamo le
differenze: la DOP è attribuita ad un prodotto la cui produzione,
trasformazione ed elaborazione hanno luogo in un'area geografica ben
delimitata, in base ad un'esperienza riconosciuta e secondo un
determinato processo produttivo che viene descritto nel disciplinare
di produzione. La prima denominazione invece viene riconosciuta a quei
prodotti il cui legame con una specifica area geografica è
rappresentato da almeno una delle fasi della sua preparazione. E
sottolineamo "almeno una". Ovvero basta che un prodotto venga da
materie prime di una specifica area, oppure che la trasformazione
avvenga in una certa zona.
L'IGP della Bresaola della Valtellina di fatto prescrive che la
produzione avvenga in tutto il territorio della provincia di Sondrio a
partire da una materia prima selezionata in base a precisi criteri,
lavorata con una certa metodologia e con un periodo minimo di
stagionatura di quattro settimane. Il disciplinare non specifica nulla
riguardo all'origine della materia prima, se non che la carne usata
debba essere di bovino, e sottolineamo il bovino senza altra aggiunta,
dell'età compresa tra i due e i quattro anni.
Nell'anno 2000 in tutta la Valtellina sono state prodotte circa 9.000
tonnellate di Bresaola IGP e "normale".
E' chiaro che per fare fronte ad una produzione così grande gli
industriali valtellinesi non possono approvigionarsi di carne solo
nella loro provincia. Un piccolo imprenditore della zona di Sondrio
conferma che tutte le mucche allevate nel comprensorio non
basterebbero nemmeno per la produzione di un paio di giorni. E così il
grosso della carne necessaria per la Bresaola della Valtellina viene
importato dall'estero: dal Sudamerica, dall'Argentina, dal Paraguay e
soprattutto dal Brasile. Ed essendo trasportata via nave deve essere
necessariamente congelata.
Perchè non è scritto in etichetta? Perchè con il recepimento delle
norme dalla Comunità Europea non esiste più l'obbligo di indicare che
la carne è congelata, infatti per la CE la carne fresca è quella che
mantiene inalterate le sue caratteristiche chimico fisiche e
organolettiche attraverso la catena del freddo.
Ma non finisce qui. Il disciplinare recita che si possono usare "carni
bovine", senza ulteriore altra specifica. Perciò dal Sudamerica si
importano carni di mucca vera e propria, cioè di animali appartenenti
alla sottofamiglia "bos bovis", mentre dal Brasile arrivano anche
grandi quantità di un altro bovino: lo zebù. Lo zebù, "bos inducus" è
originario dell'India, si è spostato in Africa e successivamente si è
diffuso in Brasile; si riconosce dalle grosse corna e da una massa
adiposa posta sopra il collo. Non vogliamo assolutamente discutere
sulla qualità della carne di questo bovino e ci fidiamo delle
affermazioni di alcuni operatori che la ritengono di qualità superiore
rispetto alla cara vecchia mucca anche per la produzione della
bresaola.
Il problema è soprattutto merceologico e di chiarezza: lo zebù non è
la stessa cosa di una vacca, e non ci sembra che sia l'animale
utilizzato in passato per produrre la bresaola tradizionale. Così non
ci sembra corretto, nei confronti del consumatore, che si possa
utilizzare questa carne, per di più congelata, per fare un prodotto
IGP.
Abbiamo chiesto spiegazioni ad alcuni industriali valtellinesi e
abbiamo constatato con sgomento come alcuni di essi non siano a
conoscenza della questione (o fingano di non esserlo), mentre altri
candidamente considerino lo zebù come una razza di mucca, al pari
della frisona, della bruno alpina o della chianina. Altri ancora
sostengono che lo zebù sia un bovino come un altro e che quindi nulla
cambi nella sostanza.
Se fosse realmentecosì nulla vieterebbe un futuro fatto di bresaola a
base di carni di bovini come il bisonte, l'anoa, lo yak, il bufalo e
il bocerco.........
Alla faccia dei consumatori, che evidentemente per gli industriali
valtellinesi altro non sono se non una razza del popolo
bue...................
Francesco Arrigoni
Interessante questo articolo (vecchiotto) su repubblica:
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/bresaola-brasile/bresaola-brasile/bresaola-brasile.html
"ROMA - Tutta colpa, anzi merito, del bos taurus indicus, comunemente
detto zebù. Incrociando la vacca comune con questo bovino dotato di
gobba e grande giogaia, gli allevatori brasiliani ottennero un animale
con la carne dura come la suola delle scarpe. "Ma è carne magra e va
benissimo per le nostre bresaole", dice Emilio Rigamonti, presidente
del consorzio che tutela appunto la bresaola della Valtellina.
Qualche consumatore sarà sorpreso. Forse pensava, magari guardando la
pubblicità in tv, che la carne da stagionare fosse gentilmente offerta
dalle vacche e dai manzi delle montagne bergamasche. "Sono ormai
decenni - dice l'uomo del consorzio - che acquistiamo carne brasiliana
e il motivo è semplice: solo quella va bene per il nostro prodotto.
Quella italiana ed europea sono troppo grasse. E poi bisogna ricordare
che lo zebù è un bovino come gli altri. Ha solo quel nome strano, che
richiama Belzebù... ".
Sembra però che le vacche della bresaola, da oggi in poi, potranno
vivere più a lungo. L'Unione europea ha infatti imposto al Brasile
numerose norme che in pratica bloccano buona parte dell'importazione
di quella carne: certificato di filiera, garanzie sanitarie... Senza
certificati, da oggi 31 gennaio, dalle terre brasiliane non arriverà
neppure un quarto di bovino.
Ma la polemica non varca l'oceano: le liti sulla carne da bresaola,
ancora una volta, sono tutte italiane. Ha iniziato l'Uniceb, l'unione
degli importatori di carne, con una lettera a ministro Paolo De
Castro. "Ho spiegato al ministro - dice il presidente Renzo Fossato -
che senza la carne brasiliana noi non produrremo più la bresaola. Gli
allevatori brasiliani che esportano sono quindicimila e solo 300 hanno
presentato i certificati di rintracciabilità. Già il mercato è in
subbuglio. Una tonnellata di carne oggi costa 13.000 dollari -
comprese tasse e dogane - invece dei 9.500 di un mese fa. Ho chiesto
al ministro: dobbiamo dire addio alla bresaola?".
Il ministro ha risposto subito, preoccupato. "La bresaola è uno dei
gioielli del nostro agroalimentare di qualità. Voglio esprimere ai
responsabili di Bruxelles tutta la mia apprensione per il comparto.
Bisogna trovare strategie che, senza alterare l'impianto complessivo
della politica commerciale della Ue nel settore carni, permettano di
tutelare la specificità della produzione di bresaola e i lavoratori
dell'indotto".
Apriti cielo. La Coldiretti spara a zero e dice che "è particolarmente
grave che un ministro, anziché valorizzare la produzione Made in Italy
di carne bovina, intervenga a favore dell'importazione di carne dal
Brasile". L'Europa - dice la Coldiretti - ha fatto bene a bloccare
quella carne "per evitare che nei piatti dei cittadini europei
finiscano carni provenienti da zone a rischio di malattie come l'afta
epizootica".
L'Uniceb si schiera a favore di bresaola e ministro e contro "gli
amici della Coldiretti". "Non c'è nessun elevato rischio sanitario. Le
carni importate sono vincolate al disossamento e ad una maturazione
che annulla qualsiasi rischio di trasmissione dell'afta epizootica.
Noi vorremmo produrre la bresaola con carni bovine italiane, ma il
prodotto disponibile sul mercato interno non è assolutamente adatto
all'industria nazionale".
Polemiche Made in Italy, mentre il settore va in crisi. "Se le cose
non cambiano - dice Emilio Rigamonti del consorzio - la produzione di
bresaola si potrà bloccare presto. Per ora lavoriamo con le scorte ma
appena finiranno ci sarà la cassa integrazione. I produttori irlandesi
già esultano perché con il blocco del Brasile possono già alzare i
prezzi. In generale, per la carne, prevedo un aumento al consumo dei
10-15%". Anche una sottile fetta di bresaola, insomma, può appesantire
il bilancio di una famiglia italiana. "
Mardot, ma sto inscatolamento di capperi IGP savonesi, lo tiriamo su o
no?
ale