as
2019-06-27 13:08:30 UTC
Massimo Montanari è uno degli storici italiani che si occupa di storia dell'alimentazione in Italia ed è una delle massime autorità in materia riconosciuto a livello internazionale. Oltre a numerose pubblicazioni ha tenuto per alcuni anni una rubrica sulla rivista Consumatori di Coop Adriatica, dal titolo Cucina è Cultura.
Ho deciso di ri-pubblicare alcuni degli articoli apparsi nel corso degli anni su quella rivista perchè magari a qualcuno di voi potrebbe far piacere leggere alcune cose da lui scritte con rigore accademico, ma con parole estremamente discorsive e divulgative, su storie, costumi, origini, abitudini di ciò che ruota intorno al cibo ed alla cucina.
Spero che questi articoli possano interessarvi e, perchè no, essere spunto magari di qualche riflessione.
Disclaimer: i brani che posto appartengono a Massimo Montanari, originale autore delle opere e mi avvalgo del diritto della libera riproduzione di brani o di parti di opera per uso di critica, discussione e divulgazione.
ale
Cucina è Cultura - Massimo Montanari
L'invenzione del pane
Il pane non è un cibo "naturale". È frutto di un lungo processo produttivo e tecnologico e di una raffinata civiltà alimentare, che ha imparato a controllare e a utilizzare i segreti della natu ra. Il pane è una vera, grande invenzione, di cui solo l'uomo, e nessun altro essere vivente, conosce il segreto. Per questo motivo le antiche società mediterranee rappresentano il pane come simbolo della civiltà e dell'identità stessa dell'uomo, che si differenzia dagli altri animali in quanto sa costruire i propri alimenti.
Nel linguaggio di Omero e dei greci antichi, «mangiatori di pane» è sinonimo di «uomini», ma già nel Poema di Gilgamesh, un testo sumerico del secondo millennio a.C, la civilizzazione dell'uomo selvatico viene fatta coincidere con il momento in cui egli non si limita più a consumare cibi e bevande disponibili in natura, come le erbe selvatiche, l'acqua o il latte, ma comincia a mangiare pane e a bere vino, prodotti 'artificiali' di cui viene a conoscenza grazie a una donna che gliene fa dono: il mito riconosce dunque al sesso femminile una priorità nel processo di invenzione dell'agricoltura, della cottura e - in ultima analisi - della cucina.
Nel cuore del Mediterraneo, là dove aveva avuto origine la cultura del pane (forse in Egitto, forse in Mesopotamia), si sviluppò anche la cultura cristiana. Essa ereditò quella tradizione, individuando il pane come alimento ideale non solo dell'uomo in genere - come per Omero o per gli antichi sumeri - ma, più in particolare, dell'uomo cristiano, 'civilizzato' alla nuova fede.
Attraverso il miracolo eucaristico, che richiamava il racconto evangelico dell'Ultima Cena, il pane assunse un significato ancora più forte diventando un alimento sacro, capace di mettere l'uomo in contatto con Dio. Ecco perché nel Medioevo epoca in cui il cristianesimo si affermò nel continente europeo - la nuova religione valorizzò e promosse la cultura del pane.
Esso diventò l'alimento per eccellenza degli europei, un cibo carico di significati non solo nutrizionali, ma simbolici.
Il nostro pane quotidiano
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano».
Potrebbe sembrare un abbandono alla provvidenza divina, ma ciò che si implora non è la manna, è il pane. La manna scende dal cielo, il pane si costruisce col lavoro. Tanto lavoro: coltivare la terra, seminare il grano, attendere che cresca, raccoglierlo. Batterlo, per isolare il chicco dalla paglia. Preparare un luogo appropriato (asciutto, fresco) per conservare il chicco, e ogni tanto macinarlo, con abili gesti manuali o con macchine complesse, mosse dall'acqua o dal vento o, più recentemente, da un motore elettrico.
Stivare la farina in sacchi grandi e piccoli, mantenendola, anch'essa, in luoghi adatti. Impastarla con l'acqua, far lievitare la pasta con minuscoli enzimi, per loro natura pericolosi, ai quali abbiamo insegnato a comportarsi bene, costringendoli a lavorare per noi. Attendere un po' e mettere in forno, dosando sapientemente il calore della fiamma.
Il pane è pronto, e accompagnerà le altre vivande: il companatico, ovvero «ciò che sta col pane». Parola che presume il valore primario del pane come cibo di base. Tutte le lingue di radice latina la conoscono.
La quantità di cultura, cioè di sapienza e di lavoro, che questo lunghissimo procedimento contiene in sé ha dell'incredibile. Par quasi la somma delle abilità umane, delle tecniche e dei saperi messi insieme in svariati millenni, fino a renderci capaci di addomesticare la natura e di trasformare il mondo.
Il pane è servito all'uomo per nutrirsi, per riempirsi la pancia, ma si è anche caricato di fondamentali valori simbolici.
Articolandosi nelle forme, nel sapore, nei modi di cottura, ha assunto una quantità infinita di varianti, utili non solo a spezzare l'uniformità del quotidiano ma altresì a definire spazi, tempi, identità collettive: ogni regione, ogni comunità ha il suo pane, e il calendario è scandito da pani speciali che segnano particolari feste. Il pane è servito anche a costruire ea intrattenere rapporti, con gli altri uomini e talvolta con l'aldilà.
Come ha fatto notare Jean-Louis Flandrin, lo straordinario spessore simbolico attribuito al pane non si comprenderebbe senza una reale eccellenza del manufatto. L'ampiezza e l'importanza dei valori assunti dal pane nella nostra cultura non sarebbero state possibili senza un alto valore 'intrinseco' del prodotto. Senza un gusto, un sapore, un profumo, una qualità alimentare e gastronomica impareggiabili. Prima di diventare altro, il pane è stato davvero, concretamente, il re degli alimenti, e ha potuto esserlo perché su di esso gli uomini hanno investito tutte le loro energie fisiche e mentali.
Pregare Dio di assicurarci il pane vuol dire chiedergli (chiunque Egli sia) di farci essere noi stessi, di conservare quella identità umana, quella dignità, quella capacità di pensare e di fare che faticosamente abbiamo saputo costruire e trasmettere dall'una all'altra generazione.
Davvero una bellissima preghiera, anche per un laico.
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano».
Ho deciso di ri-pubblicare alcuni degli articoli apparsi nel corso degli anni su quella rivista perchè magari a qualcuno di voi potrebbe far piacere leggere alcune cose da lui scritte con rigore accademico, ma con parole estremamente discorsive e divulgative, su storie, costumi, origini, abitudini di ciò che ruota intorno al cibo ed alla cucina.
Spero che questi articoli possano interessarvi e, perchè no, essere spunto magari di qualche riflessione.
Disclaimer: i brani che posto appartengono a Massimo Montanari, originale autore delle opere e mi avvalgo del diritto della libera riproduzione di brani o di parti di opera per uso di critica, discussione e divulgazione.
ale
Cucina è Cultura - Massimo Montanari
L'invenzione del pane
Il pane non è un cibo "naturale". È frutto di un lungo processo produttivo e tecnologico e di una raffinata civiltà alimentare, che ha imparato a controllare e a utilizzare i segreti della natu ra. Il pane è una vera, grande invenzione, di cui solo l'uomo, e nessun altro essere vivente, conosce il segreto. Per questo motivo le antiche società mediterranee rappresentano il pane come simbolo della civiltà e dell'identità stessa dell'uomo, che si differenzia dagli altri animali in quanto sa costruire i propri alimenti.
Nel linguaggio di Omero e dei greci antichi, «mangiatori di pane» è sinonimo di «uomini», ma già nel Poema di Gilgamesh, un testo sumerico del secondo millennio a.C, la civilizzazione dell'uomo selvatico viene fatta coincidere con il momento in cui egli non si limita più a consumare cibi e bevande disponibili in natura, come le erbe selvatiche, l'acqua o il latte, ma comincia a mangiare pane e a bere vino, prodotti 'artificiali' di cui viene a conoscenza grazie a una donna che gliene fa dono: il mito riconosce dunque al sesso femminile una priorità nel processo di invenzione dell'agricoltura, della cottura e - in ultima analisi - della cucina.
Nel cuore del Mediterraneo, là dove aveva avuto origine la cultura del pane (forse in Egitto, forse in Mesopotamia), si sviluppò anche la cultura cristiana. Essa ereditò quella tradizione, individuando il pane come alimento ideale non solo dell'uomo in genere - come per Omero o per gli antichi sumeri - ma, più in particolare, dell'uomo cristiano, 'civilizzato' alla nuova fede.
Attraverso il miracolo eucaristico, che richiamava il racconto evangelico dell'Ultima Cena, il pane assunse un significato ancora più forte diventando un alimento sacro, capace di mettere l'uomo in contatto con Dio. Ecco perché nel Medioevo epoca in cui il cristianesimo si affermò nel continente europeo - la nuova religione valorizzò e promosse la cultura del pane.
Esso diventò l'alimento per eccellenza degli europei, un cibo carico di significati non solo nutrizionali, ma simbolici.
Il nostro pane quotidiano
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano».
Potrebbe sembrare un abbandono alla provvidenza divina, ma ciò che si implora non è la manna, è il pane. La manna scende dal cielo, il pane si costruisce col lavoro. Tanto lavoro: coltivare la terra, seminare il grano, attendere che cresca, raccoglierlo. Batterlo, per isolare il chicco dalla paglia. Preparare un luogo appropriato (asciutto, fresco) per conservare il chicco, e ogni tanto macinarlo, con abili gesti manuali o con macchine complesse, mosse dall'acqua o dal vento o, più recentemente, da un motore elettrico.
Stivare la farina in sacchi grandi e piccoli, mantenendola, anch'essa, in luoghi adatti. Impastarla con l'acqua, far lievitare la pasta con minuscoli enzimi, per loro natura pericolosi, ai quali abbiamo insegnato a comportarsi bene, costringendoli a lavorare per noi. Attendere un po' e mettere in forno, dosando sapientemente il calore della fiamma.
Il pane è pronto, e accompagnerà le altre vivande: il companatico, ovvero «ciò che sta col pane». Parola che presume il valore primario del pane come cibo di base. Tutte le lingue di radice latina la conoscono.
La quantità di cultura, cioè di sapienza e di lavoro, che questo lunghissimo procedimento contiene in sé ha dell'incredibile. Par quasi la somma delle abilità umane, delle tecniche e dei saperi messi insieme in svariati millenni, fino a renderci capaci di addomesticare la natura e di trasformare il mondo.
Il pane è servito all'uomo per nutrirsi, per riempirsi la pancia, ma si è anche caricato di fondamentali valori simbolici.
Articolandosi nelle forme, nel sapore, nei modi di cottura, ha assunto una quantità infinita di varianti, utili non solo a spezzare l'uniformità del quotidiano ma altresì a definire spazi, tempi, identità collettive: ogni regione, ogni comunità ha il suo pane, e il calendario è scandito da pani speciali che segnano particolari feste. Il pane è servito anche a costruire ea intrattenere rapporti, con gli altri uomini e talvolta con l'aldilà.
Come ha fatto notare Jean-Louis Flandrin, lo straordinario spessore simbolico attribuito al pane non si comprenderebbe senza una reale eccellenza del manufatto. L'ampiezza e l'importanza dei valori assunti dal pane nella nostra cultura non sarebbero state possibili senza un alto valore 'intrinseco' del prodotto. Senza un gusto, un sapore, un profumo, una qualità alimentare e gastronomica impareggiabili. Prima di diventare altro, il pane è stato davvero, concretamente, il re degli alimenti, e ha potuto esserlo perché su di esso gli uomini hanno investito tutte le loro energie fisiche e mentali.
Pregare Dio di assicurarci il pane vuol dire chiedergli (chiunque Egli sia) di farci essere noi stessi, di conservare quella identità umana, quella dignità, quella capacità di pensare e di fare che faticosamente abbiamo saputo costruire e trasmettere dall'una all'altra generazione.
Davvero una bellissima preghiera, anche per un laico.
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano».